Intervista a Filippo Barbè, presidente di PGA Italiana

PGA Italiana ha un nuovo direttivo dallo scorso aprile. Cosa raccoglie dai quattro anni precedenti, dove lei ha avuto il ruolo di vicepresidente, e quali sono le linee guida per il prossimo futuro?

«L’idea è di muoversi in continuità con quanto fatto negli anni scorsi, tenendo conto che la maggior parte dei consiglieri attuali aveva già un incarico nella passata gestione. Quel Consiglio, anche grazie all’impegno profuso da Antonello Bovari che mi ha preceduto alla presidenza, ha avviato molte iniziative (dalla formazione alla comunicazione, dalla promozione all’agonismo), potenziando anche l’organico, con il collega Francesco Gatti diventato punto di riferimento degli eventi agonistici e formativi. L’intenzione è quella di proseguire su questa strada, migliorando dove possibile con il contributo dei colleghi esperti e di quelli più giovani presenti in Consiglio».

 

 Ci racconta la stagione appena conclusa?

«Sono principalmente quattro le nostre aree di attività e ciascuna, nel 2019, ha creato nuovi spunti. A partire dalla formazione, con tanti seminari organizzati direttamente o patrocinati: si tratta per gli associati di opportunità di aggiornamento delle proprie competenze tecniche ma anche di momenti di confronto e di scambio. Lanciato lo scorso anno, il nuovo sistema di crediti formativi con le relative categorie di merito è partito e andrà perfezionato ulteriormente per dare il giusto riconoscimento a chi si è reso meritevole per l’attività svolta in carriera.

Sul piano della promozione, vitale per il nostro sport, abbiamo rinnovato la presenza istituzionale in occasione dell’Open d’Italia a Roma, ma sono state tante le iniziative degli associati su tutto il territorio nazionale. Con attenzione all’inclusione e alle diverse abilità. Occorre il massimo sforzo su questo fronte, perché il numero dei giocatori italiani è insufficiente e tutto il settore ne soffre. In proposito stiamo studiando qualcosa di nuovo rispetto a quanto fatto finora, con costi importanti ma necessari per agire in fretta.

Per incentivare l’aspetto agonistico della professione, invece, abbiamo messo in campo 135 pro-am e i nostri cinque titoli, con una qualità di gioco ancora migliorata e una discreta partecipazione (fatto salvo per il Campionato Ladies per il quale stiamo studiando nuove soluzioni di maggior appeal). Siamo tornati al Molinetto di Milano con The Teachers, a Castelgandolfo (Roma) con il Doppio, a Sanremo con Senior e Ladies. E abbiamo esplorato le novità di Antognolla (Perugia) per il titolo PGAI più importante. La stagione 2020 riserva invece ai nostri Professionisti una novità: per tutti e cinque i campionati avremo un unico club di riferimento a Udine, il Villaverde Hotel & Resort. Una partnership importante che darà continuità alle nostre gare e metterà in luce le qualità di questo complesso golfistico che ha preso nuova vita nel 2013. Abbiamo poi proseguito nel comunicare le nostre attività, presso i giocatori e le istituzioni, così come raccontando il nostro mondo ai media. E lo abbiamo fatto insieme ai nostri partner, nuovi entrati o già al nostro fianco in passato».

 

PGA italiana, con le PGA di altri 31 Paesi, appartiene alla grande famiglia di CPG (Confederation of Professional Golfers), quella che fino a pochi mesi fa si chiamava PGA of Europe: cosa significa farne parte e quali sono le novità?

«Un nome nuovo, ma anche una svolta nella sostanza. L’Associazione, infatti, che dentro e fuori l’Europa rappresenta 12.700 professionisti, dopo l’uscita della PGA di Gran Bretagna e Irlanda (che in passato molti avvertivano come un po’ ingombrante), prosegue il suo cammino mantenendo identità ed elementi costitutivi dei suoi trent’anni di storia, ma guarda al futuro con nuovi focus strategici. Condivisione, collaborazione e sviluppo sono i nuovi principi guida. Avremo la forza di un collettivo più unito beneficiando di economie di scala capaci di ottimizzare opportunità commerciali e di sviluppo per i singoli e per l’intero settore. Come primo passo, stiamo lavorando su una piattaforma digitale che favorisca scambi più rapidi tra le singole PGA. Ma rimangono prioritari i focus sull’aspetto formativo e sulla diffusione del gioco.

 

CPG è il solo membro del Ryder Cup European Development Trust, dedicato allo sviluppo del golf: quali sono i progetti in essere e come è coinvolta PGA Italiana in vista di Roma 2022?

Creare nuovi giocatori e a dare loro soddisfazioni in questo sport è la mission del Trust, che dal 2004 ha sostenuto 35 progetti in 30 nazioni, investendo due milioni e mezzo di euro. Le somme dovute legate alla Ryder Cup di Parigi 2018 non sono ancora disponibili, ma le iniziative sul tavolo sono pronte a partire. Quella di Roma 2022 è una chiamata fondamentale per il nostro golf e siamo in continuo contatto con la federazione per creare sinergia e portare il nostro contributo.

 

Come vede il futuro del golf?

Ho l’impressione che qualcosa ai piani alti sia un po’ sfuggito di mano, come se non ci si fosse resi conto che il mondo è cambiato e ora siamo in ritardo. E non mi riferisco all’Italia. Occorre domandarsi come mai in tutto il mondo i giocatori stiano diminuendo. Forse alcune cose andrebbero cambiate. Ben vengano dunque le nuove regole, ma sei ore in campo sono davvero troppe. Forse è giunto il momento di separare le regole adottate per i tour da quelle dell’attività amatoriale nei circoli. Regalare più soddisfazioni al dilettante e magari rendere più “umano” e divertente il gioco ad alto livello, che oggi risulta molto monotono per un’esasperazione dell’attrezzatura, probabilmente da limitare. Chi non ha trecento metri di driver è tagliato fuori, i campi diventano ingiocabili e la manutenzione estrema. Il golf è un’altra cosa.

 

PROMOZIONE. Tante le occasioni di promozione colte quest’anno dai professionisti di PGA Italiana su tutto il territorio. Dall’Open d’Italia dello scorso ottobre a Roma, passando per Puglia e Basilicata, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia, con la massima concentrazione di iniziative in Lombardia dove impianti e giocatori sono più numerosi. Coinvolti ragazzi e professori delle scuole, dalle elementari all’università, prima in classe poi in campo; la storia del golf, le sue regole, teoria e pratica con buche che prendono forma in palestra. Lezioni per sole donne, per dipendenti d’azienda, per chi ha difficoltà motorie o problemi relazionali, ragazzi autistici che questo sport riesce a coinvolgere.

Il golf si spinge ovunque. Sull’Altopiano di Asiago per tante fiere e per il raduno di macchine d’epoca; accompagna l’aperitivo sulla spiaggia dei Ginepri di Matera, si propone a Schia (Parma) nella giornata dello sport, tra una mossa di scacchi, di karate e un giro a dorso d’asino; e ancora nel Parco dei Germani di Cernusco sul Naviglio (Milano) in compagnia di altre discipline. Si esibisce in piazza Garibaldi, ancora a Parma, con improbabili target di strada come il baule di un’auto da centrare. Si mescola allo shopping nell’outlet di Castel Guelfo, a Bologna.

Ci sono gli Open Day e hanno appeal le lezioni collettive, dove il Pro trova anche spazio per un video dello swing, per una foto ricordo sul finish, per un incontro con il mental coach; dove gli allievi sono invitati a cena con gara di putting green in notturna (e anche l’ultimo riceve una lezione premio); dove qualcuno regala un ferro 7. Chi crea una piccola comunità di neofiti su WhatsApp, chi comunica via newsletter a un gruppo di contatti sempre più ampio, chi si propone sui portali di promozione in mezzo a prodotti di ogni genere con prezzi super scontati, come Groupon. Così qualcuno ha trasformato l’Open Day in Open Year, giorno e orario a piacimento per chi vuole provare e fino al 40 per cento di ritorno. Semplice, divertente, coinvolgente, al circolo o fuori, in piazza e di sera… così il golf cerca nuovi amici.

 

Silvia Audisio

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